07 Gen 2019

Color Correction: storia di un nuovo ‘vecchio’ mestiere – seconda parte

Color Correction: storia di un nuovo ‘vecchio’ mestiere – seconda parte

Il mestiere del colorist passa attraverso la scelta del software più adatto alle esigenze ma richiede anche competenze a tutto tondo, una cultura dell’immagine e del colore non solo tecnica. Se ci hai seguito nella prima parte in questo articolo giungiamo ai nostri giorni e scopriamo il fascino e la delicatezza della professione del colorist e le sfide che è chiamato oggi ad affrontare.

Carlo Macchiavello – Post production video editor e Trainer certificato Espero

Le possibilità offerte dai software oggi

Per il colorist oggi non è più necessario, come dieci o venti anni fa, possedere una stazione grafica da centinaia di migliaia di euro. Molti programmi di grafica, editing e post per pc (potenti) integrano, infatti, sistemi di correzione del colore, più o meno sofisticati, che permettono di agire in tutte le fasi della postproduzione.
Photoshop integra strumenti di correzione colore dalla sua prima release di quasi trent’anni fa,
Premiere e After Effects offrono strumenti di manipolazione del colore molto comodi grazie a Lumetri color.
Avid nell’ultima release propone strumenti semplici ed efficaci per la correzione del colore.
Final Cut Pro X con i nuovi sistemi di curve del colore e il supporto del nuovo Apple ProresRaw permette una interessante e potente manipolazione del colore.

Infine Davinci Resolve, nato appositamente per esaltare i colori, è diventato anno dopo anno il programma leader nella color correction. 

Non a caso molti produttori lo hanno utilizzato per la postproduzione dei loro film, come il recente ‘Solo: a Star Wars Story’ dai colori stellari.

Il delicato lavoro di squadra 

La gamma di possibilità offerta dai diversi programmi consente a ciascuno di trovare la soluzione più adatta, dal filmaker dilettante alle postproduzioni professionali in cui più colorist lavorano in team. In quest’ultimo caso la difficoltà principale consiste nel lavorare sul materiale realizzato o manipolato da altri professionisti, col rischio di alterare l’effetto previsto.

Se ad esempio il Direttore di Fotografia (DoP) sviluppa un look preciso in cui ‘chiude le ombre’ (scurisce) per nascondere elementi del set, ma successivamente il colorist trova l’immagine troppo buia e apre le ombre (schiarisce), quei difetti verranno evidenziati di nuovo.

Qualcosa di analogo può accadere quando il truccatore ha scelto tonalità precise dell’incarnato ma il Colorist, ad esempio, insegue la moda degli effetti Orange and Teal. Gli attori sembreranno parenti dei Simpson.

pict 4 a quiet place

Per questa ragione i DoP più abili “fissano” il look nella ripresa in modo da evitare alterazioni indesiderate delle proprie scelte tecniche e artistiche, come ha fatto Charlotte Bruus Christensen nella realizzazione della fotografia di “A quiet place”.
Il film, girato in pellicola e finalizzato in digitale, ha utilizzato i sistemi classici di ripresa, filtratura e gestione della luce in ripresa, in modo che il look scelto dalla Christensen e dal regista non venisse alterato da quel tipo di filtri digitali che rendono ‘piatti’ i film.

Le possibilità creative del Colorist

La professionalità del colorist viene esaltata soprattutto quando nello shooting non vengono fornite indicazioni precise o quando, come spesso accade in pubblicità, si cambia idea a riprese già effettuate.
Quando deve trattare materiale girato in velocità, con limiti di luce, tempo e preparazione, il colorist bravo è in grado di recuperare situazioni disperate,  permettendo a sequenze mediocri di riprendere vita e spazio sullo schermo.

Il ruolo del colorist richiede molte competenze diverse e non solo tecniche. Il colorist deve conoscere a fondo la teoria del colore semplice ed estesa e la tecnologia dietro i sensori delle camere, per sapere come applicarla. Deve avere competenze di fisiologia della percezione visiva ma anche di psicologia per valutare le reazioni emotive dello spettatore di fronte a diverse scelte colore.  Deve saper gestire lo stress del lavoro in team, a volte anche il pressing di un produttore che vuole forzarlo a fare scelte banali e convenzionali perché il film X o la pubblicità Y hanno riscontrato tanto successo.
Infine, lo abbiamo già sottolineato, deve conoscere a fondo e utilizzare sapientemente, grazie al bagaglio di conoscenze e di esperienza sul campo, uno o più software per la color correction digitale.

In sintesi quella del colorist è una professionalità a tutto tondo, poliedrica, che richiede grande preparazione tecnica, cultura dell’immagine, sensibilità e capacità di relazionarsi al meglio con il team di lavoro e col pubblico.

Il tema della correzione colore viene toccato, a diversi livelli, in molti dei corsi Espero a catalogo. Ad esempio:

Premiere Intermedio e Premiere Avanzato

After Effects Intermedio, After Effects Avanzato e Master After Effects

Davinci Resolve Intro e Color Grading

Final Cut Pro X 10.4 Professional Post-Production e Tecniche avanzate e Linguaggio Filmico

Photoshop Intermedio, Photoshop Avanzato e Master Photoshop

Adobe Lightroom

Photoshop per la fotografia

Contatta la segreteria corsi per un colloquio gratuito di orientamento, segreteria@espero.it (02 36556000)

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