18 Gen 2016

Tecnologia & font: quale carattere?

di Luca Fiammenghi*

Felici e contenti. Dopo lunghe ricerche abbiamo scaricato il carattere free, funzionale al progetto grafico in corso; ringraziamo il buon cuore del giovane typedesigner che ha deciso di condividere gratuitamente la preziosa risorsa. E visto che vogliamo fare le cose bene, cerchiamo in rete info sulla corretta procedura su come installare font…; attenzione, ma il termine “installare” non viene anche usato per i software che appunto “installiamo” nel computer? Risposta ovvia: si. Meno ovvia: si, perché di fatto, la font è un software e attraverso un dialogo continuo tra sistema operativo, GPU, programmi… istruirà sulla forma, dimensione, metrica, “hint” e quant’altro sarà necessario a rappresentare il disegno di ogni lettera che impagineremo. Se l’installazione della font “avrà successo” potremo sia visualizzare a schermo che stampare correttamente il nostro impaginato (magari prodotto con InDesign).

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Traduzione del titolo per chi cerca font: scaricheresti un carattere (quindi un software) qualsiasi da un sito “qualsiasi”? Se ti trovi con problemi di instabilità dei programmi di grafica (si chiudono inaspettatamente), se non riesci più ad aprire un documento, se un qualche PDF si presenta con simboli strani al posto delle lettere giuste, è probabile che abbia scaricato, ti abbiano passato o sia stata mal gestita una font inaffidabile. Si dice “corrotta” in gergo, la risorsa incriminata e innumerevoli “xzxx****sdzzx” si sprecheranno, fino a quando un qualche tecnico non risolverà la questione.

Latte e miele o antibiotico?

La nonna ha ragione: per qualche linea di febbre evitiamo medicine troppo invasive. Traduzione per i tecnici: spesso non serve reinstallare sistema operativo e programmi, se disponiamo di soluzioni più rapide ed efficaci. Di seguito tre pillole di base, in particolare se lavoriamo con programmi Adobe:

  1. Rimuovere Font Cache Adobe:
    a) Uscire da tutte le applicazioni Adobe;
    b) Cerca “AbobeFnt”;
    c) elimina i .plist
  2. Elimina le preferenze corrotte:
    a) da Terminale (cartella Applicazioni/Utility) verifichiamo le preferenze copiando il comando sul plutil ~/Library/Preferences/*.plist Inseriamo Password di amministratore, poi premiamo il tasto Invio
    b) l’elenco che compare mostra Preferenze integre con un OK finale; di quelle corrotte viene descritto il problema. Prendiamo nota delle preferenze corrotte
    c) Teniamo premuto il tasto Alt; dal menu Vai, in alto nel Finder apriamo la cartella “Libreria”, (è quella nascosta dell’utente) quindi la relativa cartella “Preferences”. Cestiniamo quelle di cui avevamo preso nota, oltre alle preferenze del Finder, con il nome com.apple.finder.plist
  3. Riavvia i programmi Adobe: Avviamoli premendo i tasti Cmd+Alt+Ctrl+Shift (rispondere “si” all’eventuale domanda)

Prevenire è meglio che curare

Tra le “tecnologie font” più diffuse, TrueType, Type1, OpenType, quale preferire? Senza entrare nel merito di situazioni specifiche, conviene scegliere font Opentype, usando con attenzione TrueType e Type1 e non soltanto perché tecnologie obsolete. Le font TrueType possono generare le maggiori instabilità, in particolare se mal progettate o se di provenienza incerta; tralasciando la facilità di trovarne “duplicati” apparentemente uguali, ovvero file diversi se pur con lo stesso nome (ad es un comune “Times New Roman” non sempre è lo stesso software), la tecnologia TT è la più soggetta ad un “ID corrotto” (Font Id Confliicts). Questo significa che il “numero identificativo” che le individua nel sistema operativo può non essere univoco, causandone così, in fase di caricamento o scelta, il problema del richiamo contemporaneo di più file: e quale sarà quello giusto? (sindrome da congelamento).

Le font Type1, comunemente conosciute come “font PostScript”, in questo caso più affidabili: se corrotte, mostrano a schermo un mosaico di quadrati, rendendosi perciò inutilizzabili fin da subito. Ad ogni modo TrueType e PostScript presentano altri inconvenienti. Progettate a “8 bit” una polizza (il set dei caratteri tipografici) contiene non più di 256 glifi; sono “monopiattaforma” e ne serve una versione specifica per sistemi operativi diversi (Mac, Win). Ma il difetto forse maggiore è che la “posizione tabellare” dei caratteri è “arbitraria” (codifica ASCII): come dire, fino a che scriviamo “ABCD,abcd…” va tutto bene, ma quando immetteremo lettere meno comuni, con accenti o gli particolari (ad es. l’euro) al cambio di Typeface sarà possibile incorrere in caratteri sostitutivi.

OpenType (estensione .otf – OpentType Font)

Da un’iniziativa di Microsoft, alla fine degli anni 90, in consorzio con Adobe, è stata sviluppata questa tecnologia a 16 bit, affidabile e ben supportata dai sistemi operativi a partire dal 2003.
In un Typeface OpenType coesistono oltre 65000 glifi che implementano nella stessa polizza alfabeti diversi e non soltanto occidentali. Il progettista del carattere Opentype può prevedere alternative nella disegno del singolo glifo, legature, maiuscoletto, frazioni e “feature” tanto care al purista di quella “buona tipografia” di cui si erano perse le tracce con l’avvento del Desktop Publishing (quanti usavano polizze “Expert”?). Se altre qualità fanno poi apprezzare la tecnologia Opentype, è innegabile la comodità per cui una stessa font sia valida per i diversi sistemi operativi (è multipiattaforma); ancor più ne è poi la gestione. Il software .otf si basa infatti sulla codifica Unicode, come dire progettato su quel sistema di riferimento standard che attribuisce sempre allo stesso glifo lo stesso posto nella posizione tabellare: se quindi la lettera A latina maiuscola è codificata “U+0041, posizione tabellare Dec: 65”, o la lettera Š maiuscola con Caron si trova in “U+0160 | Dec 352 (vedi http://unicode-table.com/en/#0061), potremo usare un carattere Opentype come il Tahoma.otf per scrivere ad un amico nella Repubblica Ceca che poi impaginerà in Minion Pro.otf, senza le brutte sorprese di ritrovarsi simboli sostitutivi.

Mini-glossario

“La font” è un termine mutuato dal francese fonte, “fusione”, in memoria dei caratteri realizzati dalla relativa sessione di fusione (siamo attorno al Millecinquecento). In italiano si dovrebbe dire “polizza”
Typeface: questo termine inglese indica l’insieme di lettere dallo stesso aspetto grafico. Se l’Helvetica è un “typeface”, il software “Helvetica regular.otf” è una font appartenente a quel set di caratteri.
Glifo: termine con cui identifichiamo la specifica lettera. Una “a minuscola corsivo” è un glifo.
Crenatura (Kern): indica la distanza che intercorre tra un singolo glifo ed il successivo
Avvicinamento (Track): indica la distanza tra due o più glifi precedentemente selezionati
Hint: istruzione che la font contiene, in particolare per una rappresentazione ottimale a schermo
Metrica della font: dati implementati dal type-designer nel software font, per determinare la distanza tra i singoli glifi. Molti software Adobe implementano una funzione di crenatura “Ottica” per migliorare la leggibilità di una metrica di scarsa fattura o assente; tale funzione non va usata per testi lunghi.

* Luca Fiammenghi: Visual designer freelance si occupa di progettazione grafica, fotografia, editoria digitale. Docente a contratto del corso “Tecniche grafiche avanzate” presso la Facoltà del design del Politecnico di Milano, racconta il “come si fa”, dall’idea al prodotto finito, destinato nei diversi sistemi di riproduzione, dalla stampa ai dispositivi. Istruttore Espero Certificato Adobe dal 2005, beta-tester e Partner di Adobe Solution Network, collabora nella formazione o aggiornamento di studi fotografici, agenzie o realtà attive nei settori della comunicazione visiva, editoria, postproduzione digitale, brand identity.

Ambrogio Braghetto
Articolo di Ambrogio Braghetto
Training Coordinator
Esperto di orientamento per la formazione aziendale e coordinamento docenti su temi di project management, soft skill, Microsoft per tecnici, servizi cloud AWS, grafica, video, web, sviluppo app, digital marketing, sistema operativo Apple (macOS e iOS), modellazione e rendering 3D. Tutti gli articoli di Ambrogio Braghetto »
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